Sezione dedicata a colui che ~è~ il Jazz: LOUIS ARMSTRONG
Testo e foto di Duncan Schiedt
Come descrivere un uomo la cui figura nel jazz si staglia monumentale come quella di Leonardo nell'arte o di Bach nella musica classica? Davvero un cittadino del mondo, di cui la voce, il volto e il suono della tromba erano riconoscibili nei più remoti angoli della civiltà. Louis era lui stesso il meno comune degli "uomini comuni".
Benedetto da un infallibile orecchio musicale e da un prodigioso talento di esecutore che aveva bisogno solo d'essere liberato dalla perspicacia di un capo orchestra in un istituto correzionale di New Orleans, il ragazzo apparve nel mondo della musica esattamente nel momento giusto. Trovando il proprio posto tra musicisti più vecchi, Louis passò rapidamente attraverso le orchestrine di strada del luogo, i complessini delle sale da ballo e i gruppi che viaggiavano sui battelli fluviali a nord di St. Louis e oltre. Fu nel corso di queste escursioni che Louis apprese le più raffinate tecniche di lettura della musica e la comune disciplina d'orchestra.
Un precedente maestro e cornettista, Joseph "King" Oliver, che si era trasferito da New Orleans a Chicago in compagnia di numerosi colleghi della stessa sua città natale, chiamò Louis a suonare la seconda cornetta nella propria Creole Jazz Band, già un'orchestra con cui fare i conti nell'affollato South Side della città. Nel gruppo c'erano già i dotati fratelli Dodds, Johnny al clarinetto e Warren "Baby" alla batteria.
Al pianoforte c'era una giovane donna che aveva studiato al conservatorio, Lillian Hardin, che presto sarebbe diventata la signora Armstrong e che aveva avuto occasione di ascoltarlo.
L'orchestra di sette elementi guidata da Oliver è stata immortalata in una serie di dischi, tra i primi del jazz, soprattutto quelli realizzati nella lontana città di Richmond, nell'Indiana, dove un fabbricante di pianoforti mandava avanti gli studi di registrazione Gennett. I dischi, benché alle orecchie di oggi suonino distanti e stridenti, nondimeno danno un'impressione di come la Creole Jazz Band dovesse suonare al confronto con le altre orchestrine dei suoi tempi.
L'impatto sui suoi contemporanei fu tale che i musicisti provenienti non solo dalla città di Chicago ma da un gran numero di stati limitrofi del Mid West quali Wisconsin, Indiana e Ohio cercavano di avvicinarsi il più possibile al palco dell'orchestra, per assorbire il suono della band. Lo stile era quello tradizionale di New Orleans, il che significa un'accentuazione del collettivo, con ciascuna voce strumentale impegnata in una parte chiaramente dettagliata, nella quale doveva completare le linee musicali delle altre.
Questo procedimento, per mezzo del quale differenti strumenti seguono attraverso il brano sentieri piuttosto diversi, ma armoniosi, è chiamato polifonia.
Si dava poco rilievo alle esecuzioni in assolo, lo sforzo era tutto per il lavoro d'insieme. Le voci singole potevano essere ascoltate solo durante i breaks musicali, poche battute nel corso delle quali la band lasciava posto ad un solista, o nelle pause dello scorrere della melodia. Le due cornette, all'epoca di questi dischi, erano così reciprocamente compatibili che ci si meravigliava per il modo inquietante in cui lavoravano insieme.
Talvolta sembrava che il più anziano e il più giovane suonassero con un solo cervello musicale.
Fu solo una questione di tempo prima che Louis decidesse di andarsene.
Fu Lil Hardin, alla quale era ora romanticamente legato, che lo portò a decidersi. Lei sentiva istintivamente che al di là della grezza superficie del giovane cornettista c'era un talento straordinario. Quando giunse l'offerta di andare a New York per entrare nella già affermata orchestra di Fletcher Henderson, Lil lo incoraggiò alla rottura, sebbene lui trovasse difficile lasciare il suo mentore e amico Joe Oliver.
Fletcher Henderson, un georgiano che si era recato a New York per proseguire gli studi di farmacia, aveva dirottato verso la musica approfittando delle grandi opportunità offerte allora da New York.
Per prima cosa come accompagnatore, poi come bandleader in erba, aveva modellato la propria musica sulle affermate sonorità bianche che andavano di moda allora. Giudicando dai dischi di quel periodo, la musica non era solo priva di originalità, era faticosa e indistinguibile dalle molte orchestre mediocri dell'epoca. Viaggiando con una troupe di vaudeville, egli aveva incontrato per la prima volta Louis Armstrong a New Orleans, e aveva tenuto a mente il ricordo di quel gagliardo cornettista, seguendone la fase di Chicago con interesse.
Si può solo supporre che Henderson, rendendosi conto delle insufficienze della sua orchestra di allora, fosse alla ricerca di qualche scintilla per portarla fuori dal torpore verso uno stile più dinamico.
Con l'arrivo di Louis, cominciò a succedere qualcosa. Alla Roseland Ballroom, un tempio della danza di Times Square, l'effetto fu elettrizzante, e fu di nuovo come a Chicago, con i musicisti che da tutta la città si accalcavano ad ascoltare il nuovo cornettista. Nella parte alta della città, ad Harlem, la "nuova" Fletcher Henderson Orchestra, suonando come non aveva mai fatto prima, si attirò la stessa ammirazione. Nella stessa orchestra, il suo arrangiatore principale, Don Redman, e il suo giovane sassofonista tenore, Coleman Hawkins, stavano trasformandosi in validi musicisti di jazz. Con o senza Armstrong, la formazione di Henderson non sarebbe più stata la stessa. Nel 1925, sotto l'influenza dell'ambiziosa Lil, Louis se ne andò, e ritornò a Chicago. Là avrebbe cominciato il suo periodo più sorprendente e più produttivo.
Il lavoro non mancava. Si costruivano sale da ballo per accogliere i giovani danzatori; la vita notturna a Chicago prosperava nonostante il proibizionismo sulle bevande alcoliche, un divieto largamente ignorato in tutto il paese, e un gran numero di teatri si serviva di un'orchestra nella fossa. Louis divenne un apprezzato componente di big band come quella di Erskine Tate, al Vendome Theatre, dove spettacoli di vaudeville e film si alternavano durante il giorno.
Negli intervalli e per i film, allora muti, veniva eseguita una musica quasi "classica", e i musicisti tra loro la chiamavano "la sinfonica".
I membri più popolari dell'orchestra erano spesso messi in evidenza, come i pianisti Fats Waller ed Earl Hines, entrambi impiegati per qualche tempo durante la permanenza di Louis.
Ognuno di loro avrebbe avuto un ruolo importante nella carriera di Armstrong.
Ma fu negli studi di registrazione che Louis avrebbe avuto il ruolo storico più importante.
Lil, ormai signora Armstrong, riconobbe nel proprio marito un potenziale pressoché illimitato, e lo aiutò ad organizzare un piccola formazione che avrebbero chiamato Louis Armstrong and His Hot Five (più avanti allargato a sette componenti). Riunito essenzialmente per incidere dischi, il gruppo apparve in pubblico solo di rado, e anche allora soltanto per concerti promozionali delle compagnie discografiche.
All'inizio, i membri erano vecchi e intimi amici, il clarinettista Johnny Dodds e il veterano trombonista di New Orleans Kid Ory, nel cui complesso Louis aveva suonato una volta, insieme con Lil al pianoforte. In seguito, l'aggiunta di due musicisti avrebbe prodotto la serie di dischi degli Hot Seven, e Lil avrebbe frequentemente lasciato il pianoforte al brillante Earl Hines per le sedute d'incisione.
Ma l'importanza di tutte queste registrazioni di Armstrong con piccole formazioni risiede nell'apparizione improvvisa del solista jazz come elemento dominante.
E difficile immaginare un musicista più adatto a prendere la guida di questo nuovo approccio al modo di suonare il jazz. Louis non sapeva solo suonare con forza, fuoco e creatività, sapeva anche cantare. In più, avrebbe guadagnato fiducia nella propria abilità di fare con la sua voce quello che aveva già fatto col suo strumento.
La sua emissione un po' rauca e il fraseggio quasi strumentale, sembravano connaturati alla musica stessa.
Si è sostenuto che avesse "inventato" il canto scat: raccontava che nel corso della registrazione della canzone Heebie ]eebies aveva lasciato cadere la partitura e si era messo ad improvvisare il testo come avrebbe potuto fare con la tromba. Vera o falsa che sia, la storia è abbastanza credibile, e in
qualche modo avvalorata dalle affermazioni di molti cantanti di jazz che lo hanno imitato, ritenendolo una forte, se non la più importante influenza sul loro lavoro. Tra questi possiamo ricordare Ella Fitzgerald, Billie Holiday, Bing Crosby e Frank Sinatra.
Chicago era una città in mano ai gangster, ed era del tutto naturale che una intraprendente stella dei night club come Louis Armstrong fosse stata cercata da bande rivali, che controllavano la maggior parte dei luoghi di divertimento della città.
Accettare una migliore offerta da un altro locale di Chicago significava rischiare di essere pestato, o peggio, dalla parte offesa, e non era nei progetti di Louis subire lesioni alla bocca o da qualunque altra parte. Così, per autodifesa, tornò ancora una volta a New York dove l'occasione lo aspettava in un night di Harlem, il Connie's Inn, che intratteneva una clientela esclusivamente bianca della parte ricca della città.
Il suo amico Fats Waller teneva banco nei varietà messi in scena sulla pista del club, e ne componeva una gran parte delle musiche insieme col paroliere Andy Razaf e col pianista Harry Brooks. Uno di quegli spettacoli, "Connie's In n Chocolates", fu ritenuto abbastanza buono per Broadway, e fu ampliato per andare incontro alle esigenze di un musical da teatro di lusso.
Allo Huston Theatre Louis suonava e cantava la canzone più orecchiabile, Ain't Misbehavin', mentre Edith Wilson, che aveva una vasta esperienza discografica, cantava Black and Blue, una canzone di insolita consapevolezza razziale, e un giovanissimo Cab Calloway aveva la parte di ragazzino in una compagnia ricca di talento nelle scene cantate e ballate e in quelle costruite nella vena del teatro vaudeville.
Così, Louis Armstrong si era messo in evidenza sulla scena teatrale americana.
Mostrarsi in questo modo a Broadway significava che le opportunità di far soldi arrivavano da tutte le parti. La moda corrente nel jazz andava verso le grandi orchestre, che potevano riempire le sale da ballo di danzatori e i teatri di spettatori paganti. Per Louis questo voleva dire diventare capo orchestra in proprio, e aumentare ancora le presenze in palcoscenico. Una volta Lillian era stata la sua coscienza e la sua guida, ma adesso era tutto solo e soggetto alle idee di manager bianchi, gente ignorante con concetti limitati su come promuovere un talento come Armstrong.
In seguito, egli fu preso in carico da un ex proprietario di night club di Chicago, Joe Glaser, un uomo esperto nelle opportunità quanto nelle trappole dello show business, e che, per una robusta percentuale dei guadagni di Louis, lo avrebbe guidato in una lucrosa via per la prossima fase della sua carriera.
Comunque, Glaser era ancora lontano qualche anno, e la carriera di Armstrong non era sempre al meglio. Anche le registrazioni di quel periodo non erano sempre al meglio, con l'accompagnamento musicale che andava dallo scarso al buono, a seconda di quale orchestra fosse impegnata a sostenere il sempre più abbagliante trombettista. Qualche volta poteva essere quella di Chick Webb, o la formazione creata sulla costa occidentale da Les Hite, o, in altri momenti, un'orchestra radunata dal trombettista e arrangiatore Z.T. Randolph. Andavano meglio, in ogni caso, le collaborazioni con l'orchestra del pianista Louis Russell, un panamense la cui affermata compagine comprendeva voci poderose come quelle del trombettista Henry "Red" Allen e del trombonista ].C. Higginbotham.
Questa orchestra aveva già realizzato dischi notevoli, e sarebbe diventata la Louis Armstrong Orchestra “fissa" della metà degli anni '30 e degli anni seguenti.
Tra le registrazioni e la direzione di una band in tournée, Louis si presentò come solista, soprattutto in Europa, dove un giro in Inghilterra nell'estate del 1933 fu seguito da una vasta serie di concerti in Scandinavia.
Armstrong trascorse quasi l'intero anno 1934 tra Francia, Belgio, Svizzera e Italia.
Il fatto che l'interesse si concentrasse su Louis come straordinario solista di tromba, e la necessità di mettersi alla prova notte dopo notte, settimana dopo settimana, suonando le note più alte che si potessero ottenere sul suo strumento, spesso ripetendole fino a cinque volte di seguito come tipico tour de force, era destinato a minacciare la sua carriera a lunga scadenza.
Inevitabilmente, egli accusò dei problemi alle labbra e fu costretto a temporanei ritiri dalla scena musicale.
Sotto la nuova gestione di Joe Glaser, Louis formò quindi quello che sarebbe stato un complesso destinato a fare meno affidamento sul Louis Armstrong sovrumano trombettista che sull'Armstrong intrattenitore, il che comportava riporre la fiducia sul canto, sull'arte di commediante (molto accentuata dalle smorfie) e su altri solisti in evidenza.
Cominciò a ritagliarsi alcuni "medaglioni" in film hollywoodiani, essendo un attore naturale che poteva recitare benissimo con star affermate come Bing Crosby.
La big band di Louis resistette bene negli anni '40, ma l'epoca delle grandi orchestre era praticamente finita e il pubblico di Louis si era rivolto ad altre più eccitanti formazioni, spesso di molto minore ampiezza e impegnate in una musica che sembrava tanto radicale quanto quella dello stesso Louis Armstrong appariva alla metà degli anni '20. C'era bisogno di qualcosa di fresco.
Quando arrivò l'ultima svolta della sua carriera, nel 1947, questa fu nel senso di un ritorno al suo passato musicale. Era fresco, in quanto la generazione che ora lo ascoltava trovava che fosse differente, un distacco dal vecchio Louis, che manteneva però l'antico fascino, la spettacolarità, il buffo.
Gli All-Stars erano davvero tali: Jack Teagarden al trombone e a condividere il canto; Barney Bigard, impareggiabile clarinettista ex ellingtoniano; Earl “Fatha” Hines, superbo pianista e direttore d'orchestra in proprio; Big Sid Catlett, un grande batterista (più tardi rimpiazzato dall’altrettanto famoso Cozy Cole); e il solido contrabbassista Arwell Shaw che veniva dall'ultima big band di Armstrong.
Negli anni seguenti, ci sarebbero stati molti cambiamenti d' organico, quando i membri erano stanchi dei continui viaggi o formavano i loro piccoli complessi, ma la qualità musicale rimase alta.
Gli All-Stars non suonavano più nelle sale da ballo, ma si potevano vedere in concerto, nei night club, sui palcoscenici dei teatri e, cosa piuttosto importante, nel ruolo di missionari internazionali a favore del jazz durante le loro visite all'estero per conto del ministero degli Esteri degli Stati Uniti.
Gli All-Stars realizzarono importanti e vendutissimi album di dischi, comprese raccolte di composizioni di William Christopher Handy e di Fats Waller, e collezioni di musiche che erano state importanti nella lunga carriera di Armstrong, una specie di biografia musicale.
Verso la fine della sua vita, quando Louis continuava a viaggiare, non suonando più molto, ma usando la propria voce come una volta, trasformò quella che considerava una canzone decisamente particolare in un gigantesco successo popolare, senza dubbio il più grande della sua carriera: una ritmata versione della canzone di Broadway Hello Dolly.
Louis sostenne sempre di essere nato il 4 luglio 1900, ma la data può essere stata scelta per comodità (la data reale era il 4 agosto 1901). Quando morì all'età di 71 anni, tutto il mondo lo pianse. Era una figura di autentica statura internazionale, più noto di molti uomini politici, e solidamente piantato nel cuore del suo pubblico, che comprendeva molti musicisti che avevano sempre ascoltato la sua musica. Era un uomo essenzialmente umile, le cui doti di talento musicale, intelligenza e calorosa personalità andavano al di là della razza e della nazionalità e ci parlano ancora oggi.
Certamente un "uomo comune" non comune.
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