Sonny Rollins - Il blindfold test Parte II°
 
 
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Leonard Feather
Down Beat - agosto 1962



SONNY ROLLINS
Il blindfold test Parte II°



Diversamente da molti musicisti jazz, Sonny Rollins dedica poco tempo allo studio delle registrazioni dei suoi contemporanei. Chiestogli come aveva speso il suo tempo durante gli ultimi giorni del suo ritiro biennale, parla dei suoi esercizi fisici, la frequente esercitazione strumentale, i corsi di filosofia e aggiunge:
​“Non ascolto mai molti dischi ad esclusione di Art Tatum. Oh, ho ascoltato diversa musica classica – i maestri, sai: ovviamente Bach. E ho studiato pianoforte - ci sono ritornato poiche' lo avevo iniziato da ragazzo. E contrappunto – ho rivisto qualche lavoro in quell'ambito.”
​Probabilmente, come accade a pochi altri che cercano di non ascoltare troppo, Rollins e' riluttante a sottoporsi ad influenze.
​“Posso suonare in svariati modi” continua, “e non mi sento costretto ad uno stile particolare,ma non penso che chiunque possa veramente cambiare il proprio stile. Anche Coltrane, il cui lavoro sembrerebbe preludere ad un cambiamento radicale; ad un'analisi piu' profonda ti fa accorgere che la sua e' un'evoluzione di quanto gia' faceva prima.”
​Cio' che segue, e' la seconda parte di un precedente Blindfold Test.
​I dischi sottoposti:

1.
George Russell: “War Gewessen” (dall'LP “Sextet in K.C.”) - Decca. (Russell, piano – Dave Baker, compositore).
​L'arrangiatore e' alle prese con un problema ammirabile. Cio' che penso cerchi di fare, e' in effetti, uno spontaneo feeling “senza il tempo” – qui posso solo coniare questa parola – nell'arrangiamento. E' un bel lavoro e credo abbia raggiunto risultati decenti. Alcuni punti sono riusciti molto bene. Merita un elogio per aver realizzato un arrangiamento molto sciolto malgrado gli assolo non siano il punto di maggior interesse. Si e' sforzato molto e piu' cercheremo di fare cose come queste piu' riusciremo a colmare il divario esistente tra una performance spontanea ed una composizione arrangiata. Cio' e' l'obiettivo di tutti gli arrangiatori – o almeno, dovrebbe esserlo.

2. John Coltrane: “Simple Like” (dall'LP “ The Birdland Story”) - Roulette. (Coltrane, ts. - McCoy Tyner, piano – Billy Higgins, dr.)
​Grande! Coltrane e' tra i sassofonisti e le persone che preferisco.
Anche McCoy Tyner e' grande in questo brano...ha fatto un assolo favoloso.
Sono sicuro che quello e' un astuto Elvin Jones ….gran bel ritmo, un eccellente senso musicale con il quale contribuisce alla performance in generale. Puo' essere giudicato a volte un po' troppo esuberante ma, indipendentemente da come suona, mantiene sempre quella eccellente qualita' naturale.Con alcune cose che fa la' dove gioca gli accenti sulla melodia con Coltrane, riesce a fondersi perfettamente con il suo suono.
E' come se non fosse mai stato istruito a fare una cosa del genere ma, forse, gli e' stato fatto intuire.
​Quattro stars e mezzo-- la mezza star la attribuisco all'emozione che sa generare Coltrane.

3. Ornette Coleman: “Folk Tale” (dall'LP “This is our music”) Atlantic. (Coleman, as e compositore – Don Cherry, tr. - Ed Blackwell, dr.)

​Come sai, Leonard, sono molto favorevole nei confronti di Ornette e delle cose che ha fatto.Come me, e come anche altri strumentisti, e' ancora in cerca di una totale abilita' per esprimere tutto cio' che sente – e' in cerca della tecnica per proiettare cio' che sente. Per quanto lo riguarda, direi che sta ancora cercando.

​Ogni volta che mi viene chiesto di lui, pero', rispondo che possiede gli elementi di base per essere un musicista jazz…. l'impulso ritmico, qualita' che ritrovi in tutti quanti, a partire da Louis Armstrong – tutti bravi ragazzi.
​Malgrado il fatto che le molte cose che sta facendo al momento non sono proprio cio' che vuol fare, sta ancora cercando di migliorarle e ne vedo una sufficiente validita' per dare un cenno di approvazione.
​Le sue composizioni sono significative – cio' che uno scrive indica maggiormente dove vuole arrivare e il suono che vuole ottenere piuttosto che la sua improvvisazione, al momento, nel suo caso, ancora in via di sviluppo.
​Quello e' Cherry. I due hanno un suono molto coeso, quell'ultima nota ne e' un buon esempio.Cherry non sta cercando di comunicare in proprio quanto di sforzarsi di catturare cio' che Ornette propone. A volte devi subordinare te stesso ai gruppi con i quali suoni e questo va a tuo beneficio. Sono rimasto anche molto impressionato dal drumming di Blackwell.
​Questo brano e' un esempio basilare delle cose che Ornette scrive - frasi ritmiche molto accentuate che ricordano Charlie Parker anche se non penso che Ornette stia facendo, sul piano melodico, cio' che vorrebbe e quindi vi e' differenza proprio in questo. Ma, tutto sommato, guardo alle similarita' piuttosto che alle differenze e avverto nelle sue figurazioni quella certa qualita' esemplificata in Bird.
​Tutti affermano che lo stile di Ornette suona diverso o strano e via di seguito. Ma, ha gli elementi essenziali del jazz, come dicevo…. Ornette ha propulsione e ritmo.Il ritmo e' la componente piu' necessaria, il requisito per un musicista jazz – l'elemento positivo.
​Ripensamenti di Rollins:
​Non ho cercato di dare un punteggio a tutti i dischi perche' non sono sicuro di gradire l' idea di un punteggio nei confronti di una
performance.
Ho quindi cercato solo di esprimere la mia reazione personale alla musica.

Leonard Feather
Down Beat – agosto 1962

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​Personalmente, giudico le opinioni espresse da Rollins nei confronti di Coleman, molto “diplomatiche”. Altri, come avrete gia' letto, si sono espressi in ben altro modo.
A voi giudicare queste diatribe anche sulla scorta della sua carriera ad oggi.

 

Ettore Ulivelli

 
   
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