UN QUARTETTO INDIMENTICABILE!
Di Adriano Pateri
John Lewis, pianista, compositore e leader del Modern Jazz Quartet era convinto che J.S.Bach e il blues fossero perfettamente compatibili! Questa idea lo aveva posseduto da sempre, fin da quando, con il suo stile misurato e swingante accompagnava l'orchestra dei forsennati boppers di Gillespie. Per quanto jazzisticamente lui fosse un prodotto del più autentico bop, quella sua convinzione doveva maturare nella creazione di uno dei più noti ed acclamati complessi di jazz moderno, la cui vita e successi durarono un quarantennio con la sola sostituzione di due membri, il batterista originale Kenny Clarke e il bassista Ray Brown. Il nucleo iniziale, nato nel 1946, era infatti costituito dalla sezione ritmica dell'esplosiva compagine di Gillespie, ma il Modern Jazz Quartet definitivo nasce pero' nel 1952 con Percy Heath che sostituisce Ray Brown al basso e Connie Kay che due anni dopo sostituisce definitivamente Kenny Clarke alla batteria.
Qualcuno ha parlato di paradosso musicale in questo gruppo che disponeva di jazzisti eccezionali in grado di improvvisare qualunque musica pur mantenendo il totale rispetto della precisione e della disciplina di un quartetto di musica classica. Il leader e stratega del gruppo era John Lewis e la musica realizzava finalmente il suo sogno della polifonia e contrappunto classici sposati all'improvvisazione jazzistica -realizzata, in particolare, dalla splendida e forte impronta blues di Milt Jackson- .
Il Modern Jazz Quartet, nonostante il successo e gli elogi, non fu comunque immune da aspre critiche da parte sia dei 'puristi' del linguaggio jazzistico che dei soloni della musica classica che storcevano il naso nell'ascoltare questo, per loro, strano connubio fra fuga polifonica contrappuntistica e il blues di quattro afroamericani accusati di eseguire una musica raffinata ma poco autentica.
La cosa non impedì il successo e soprattutto il fatto che ancora oggi la musica di John Lewis e le esecuzioni del quartetto facciano parte di un repertorio jazzistico diversificato e affermato a livello mondiale. Oltre alle sue composizioni di chiara ispirazione classica, John Lewis ha infatti magistralmente composto ed arrangiato brani standard, tra cui uno suo dedicato a "Milano", ed altri eseguiti dal Quartetto in puro idioma jazzistico.
Nel bel mezzo di questa notevole e multiforme produzione musicale, a tutti ormai nota, brilla a nostro modesto parere, il disco "SPACE" che, quasi a compendio della produzione del quartetto, contiene tre brani originali dai titoli "alieni" di J.Lewis, uno standard di Jimmy Van Heusen e l'Adagio dal Concerto di Aranjuez.
Il disco non è stato magnificato da critica e pubblico per quanto riguarda la qualità musicale del contenuto, spesso 'astratto', di parte dei brani, ma a noi è piaciuto anche perché certa musica "astrale" di John Lewis ci ha idealmente accompagnato verso mondi da noi talvolta vagheggiati in epoche migliori di quella presente.
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