POESIA DI UN PIANO
Bill Evans
di Adriano Pateri
Di Bill Evans è stato scritto tutto e di più sia sul piano biografico che musicale.
Non è quindi il caso in questa sede di continuare a descrivere soprattutto l'aspetto musicale di un'icona del pianismo jazz e di uno dei più importanti compositori della sua generazione.
Basti pensare a composizioni come "Very Early", "Your story", "Time remembered" e "Turn out the stars" per citarne solo qualcuna. Evans ha influenzato una lunga serie di pianisti quando era in vita e oggi, a distanza di 35 anni dalla sua scomparsa, continua con la sua costante presenza artistica e la sua grande eredità discografica ad influenzare ed ispirare moltissimi giovani pianisti contemporanei.
Ma di questo pianista, che per me è stato il mito di un vita, e del quale ho letto tutto e penso di sapere tutto o quasi, vorrei solo ricordare un paio di tratti sul piano umano che hanno contribuito a farmi apprezzare ed amare ancora di più la sua splendida musica.
La sua gentilezza, serietà e disponibilità verso chiunque, sempre presenti anche quando era in condizioni psico-fisiche molto precarie a causa del pesante uso di stupefacenti o quando tragiche vicende familiari devastavano la sua sofferta vita.
Anche le sue prestazioni musicali, le meno eccezionali, erano pur sempre di un livello professionale spettacolare perché lui sentiva di doverle al pubblico.
Ad un appassionato, arrivato tardi a fine serata, che si lamentava per aver pagato il biglietto senza aver ascoltato nessuna musica, immediatamente offrì di tasca propria il rimborso.
E soprattutto la sua granitica coerenza musicale professata per tutta la vita contro venti e maree, a differenza di taluni pur famosi pianisti di jazz.
Le mode passeggere dei generi musicali, il rock, il free non hanno mai scalfito la sua integrità nei confronti della musica che ha suonato per tutta la vita - musica che lui amava e che considerava fonte di bellezza in un mondo spesso non generoso verso di lui.
Bill Zavatsky, giornalista, poeta, pianista ed amico personale di Bill Evans gli ha dedicato questa straordinaria poesia che e' un grande tributo di affetto alla memoria del grande artista.
ELEGY FOR BILL EVANS
Music your hands are no longer here to make
Still breaks against my ear, still shakes my heart.
Then I feel that I am still before you.
You bend above your shadow on the keys
That tremble at your touch or crystallize,
Water forced to concentrate.
In meditation
You close your eyes to see yourself more clearly.
Now you know the source of sound,
The element bone and muscle penetrate
Hoping to bring back beauty.
Hoping to catch what lies beyond our reach,
You hunted with your fingertips.
My life you found, and many other lives
Which traveled through your hands upon their journey.
Note by note we followed in your tracks, like
Hearing the rain, eyes closed to feel more deeply.
We stood before the mountains of your touch.
The sunlight and the shade you carried us
We drank, tasting our bitter lives more sweetly
From the spring of song that never stops its kiss.
EULOGIA PER BILL EVANS
Musica che le tue mani non son più qui a creare
Eppure mi risuona ancora ed ancora scuote il mio cuore
Sento allora di essere di nuovo di fronte a te.
Sei piegato sopra la tua ombra sui tasti
Che tremano al tuo tocco o cristallizzano,
Acqua costretta a condensarsi.
In meditazione
chiudi gli occhi per poterti vedere più distintamente,
Ora tu conosci la fonte del suono,
Penetrando ossa e muscoli
nella speranza di ricreare la bellezza.
Nella speranza di catturare ciò che è fuori dalla nostra portata.
Ricercandola con la punta delle tue dita.
La mia vita hai trovato e quella di molti altri
che hanno percorso, attraverso le tue mani, il loro viaggio.
Nota dopo nota abbiamo seguito le tue tracce, come
ascoltando la pioggia con gli occhi chiusi per sentire più profondamente.
Siamo rimasti fermi davanti alle montagne del tuo tocco.
La luce del sole e l'ombra che ci hai portato
le abbiamo bevute - trovando più dolce il sapore delle nostre vite tormentate -
dalla sorgente della canzone che non interrompe mai il suo bacio.
BILL ZAVATSKY
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Il 15 settembre 1980 a soli 51 anni di età, il fisico da anni devastato di William John Evans, stroncato da un fegato distrutto dall'epatite e da un'ulcera perforata, lasciava in profondo dolore, per la sua dipartita, migliaia di musicisti ed appassionati in tutto il mondo - a seguito di quello che fu definito il più lungo suicidio mai autoinflitto. |