Romano Mussolini - Un Retaggio Ambiguo
 
 
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ROMANO MUSSOLINI
Un retaggio ambiguo

 


Intervista esclusiva di
Elena Frovola Nielsen

Down Beat
ottobre 1962

 

 


“Guardati attorno” dice Romano Mussolini, “Queste persone sono qui' per vedere la mia faccia perche' sono il figlio del Duce? Sono solo curiosi o gli piace veramente la mia musica? Non saro' mai sicuro e la mia vita passata a Roma nella casa di mio padre non sara' mai dimenticata.”

​Romano, il figlio piu' giovane del fu dittatore italiano, ha 35 anni, e' alto 1.75, piuttosto timido ed e' l'immagine di suo padre. Ha fatto il suo ingresso nella vita pubblica quattro anni fa quando, con un gruppo di amici formo' una band di otto elementi. Dopo qualche scrittura nei night clubs romani, furono invitati a suonare al Jazz Festival in Belgio.
Ebbero successo e da li' iniziarono un tour nel sud della Francia, in Spagna e in Italia, sempre con scritture al top.
​“Non chiedo mai scritture esclusive,” dice Romano, molto educato ed in un perfetto inglese, “Non oso pensare perche' le ottengo ,la risposta mi spaventa. Tutto cio' che desidero e' trarre un sostentamento in un'attivita' che amo.”
​La vita privata nel palazzo d'anteguerra di Mussolini a Roma, risuonava di musica. Il Duce suonava il violino, il fratello maggiore di Romano, appassionato di jazz e scrittore, suonava il violoncello, mentre sua sorella Edda suonava il piano.
Vittorio, l'appassionato di jazz, era solito portare a casa le ultime novita' discografiche americane e Romano passava ore al giradischi ad ascoltarle.
​E' cosi' che inizio' la sua passione per il jazz.
​Quando le cose iniziarono ad andar male – per modo di dire – per la famiglia Mussolini, Romano, il piu' giovane di otto figli, abbandono' l'idea di poter studiare musica e decise di proseguire gli studi universitari di economia. Anche questi furono interrotti e Romano fu costretto a lavorare in una banca per potersi guadagnare da vivere.
Poi, improvvisamente, dopo la caduta del Duce, il governo decise di restituire le cospicue proprieta' immobiliari del Duce alla famiglia nel frattempo impoverita; Romano lascio' l'impiego bancario e diede inizio ad uno studio di registrazione. A tempo perso, riuniva alcuni amici per delle jam sessions nel suo studio.
​Nessuno degli otto appassionati di jazz aveva mai studiato musica, ma ascoltavano ed imparavano dai dischi americani. Romano divenne ben presto esperto al piano, Carlo Loffredo, un avvocato, suonava il contrabbasso, Gianni basso il sax tenore, Dino Piana il trombone, Gianni Sanjust il clarinetto, Franco Tonani la batteria e Franco Cerri la chitarra.
La voglia di Romano di affermarsi con il gruppo era cosi' grande da persuadere i suoi amici a lasciare l'impiego. Pago' loro uno stipendio mensile durante i due anni che occorsero per organizzare ed arrangiare il programma “Italians Play American” che, quattro anni fa, valse loro il primo contratto di registrazione a Roma.
​Oggi, l'Italia e' sommersa dai loro dischi, alcuni dei quali sono arrivati anche negli USA. Due dei suoi musicisti, Basso e Valdambrini sono stati invitati a suonare in America. Quando a Romano fu offerto un tour negli Stati Uniti, declino' l'offerta affermando: “Non potro' mai, nemmeno tra mille anni, reggere il confronto con le bands americane. Ho appreso tutto cio' che so da loro, ma mi piacerebbe andare per imparare ancora di piu'. Il nostro gruppo necessita una maggiore disciplina (musicale) e questa la possiamo apprendere solo ascoltando altre bands.
L'ascolto dei dischi non e' sufficiente.
​Romano nutre rimorso per il regime di suo padre e per la sua disgraziata morte e non e' difficile ammirarlo per lo sforzo compiuto per scavarsi un ruolo in un nuovo regime di liberta' e per la sua volonta' di affrontare una vita pubblica di fronte agli occhi di milioni, quegli stessi occhi che agli inizi della sua carriera devono averlo guardato con odio.
​Ascoltando il gruppo di Mussolini suonare nel meraviglioso teatro all'aperto nel parco di Nervi, con la vista sul Mare Mediterraneo come sfondo, si poteva avvertire un senso di appagamento.
Qui c'e' un teatro con 2000 posti al completo. Quanti erano accorsi per vedere Romano Mussolini, il figlio del dittatore?
La domanda non trova risposta. Ma il loro comportamento faceva intuire che la maggior parte era venuta per ascoltare il gruppo, che e' ben coordinato e ciascuno degli otto componenti e' un bravo solista. Il programma di quella sera era vario e dava l'impressione di rappresentare diverse bands americane servite su un piatto di portata. Il gruppo necessita di trovare un proprio
stile, raggiunto il quale consentira' anche all'audience piu' critica degli Stati Uniti di apprezzare una serata con la band di Romano Mussolini.


Elena Frovola Nielsen
Down Beat – ottobre 1962


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N.d.T:
Le fotografie che accompagnano questa intervista sono state scattate nel giugno del 2000 nel giardino del Ristorante Castanei ad Arese. Tra i “Mussolini all Stars” c'era Stefano Bagnoli alla batteria, uno tra i piu' acclamati batteristi europei.


Ettore Ulivelli


 
   
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