Il Gerry Mulligan Quartet pt. 2

 
 
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Il Gerry Mulligan Quartet

 

 



Parte 2: la maturità di una formula.







di Corrado Barbieri

 

 


I primi sei mesi di attività del quartetto (vedi) avevamo mostrato come Mulligan fosse uno dei musicisti piu' eclettici e visionari della sua generazione, un musicista esente da quello che viene definito "impulso imitativo", libero da vincoli e avulso da frasi musicali trite o poco ispirate. Nessun baritono-sassofonista del passato poteva essergli accostato, ne' l'ottimo Harry Carney di Ellington, e tantomeno il piu' oscuro Jack Washington. Mulligan non era mai teatrale, il suo suono era sempre "pulito" e non era ne' troppo caldo, ne' troppo freddo, in una parola, era "giusto".
Chet Baker da parte sua evitava accuratamente le distorsioni tonali e certi toni malinconici tipici di Miles Davis, adottando un suono caratterizzato soprattutto dalla dolcezza. La sua tecnica non era certo spettacolare, per quanto solida, e la sua abilita' di leggere la musica non era eccelsa, ma, era importante?
Erano fattori insignificanti a fronte della sua eccezionale capacita' di improvvisazione, del flusso melodico che sapeva creare e del suo lirismo.
Siamo nel 1953, nei secondi sei mesi di attività del quartetto, che si caratterizzano per la scelta di brani standard, come "Nearness of you", "All things you are", "My old flame", e per un maggior inserimento di assolo dei due ottoni. Inoltre la sezione ritmica e' cambiata, con Larry Bunker alla batteria in luogo di Hamilton e Carson Smith al basso al posto di Whitlock. Tra i brani figurera' anche "My funny Valentine", che restera' la piu' classica interpretazione della band e in particolare di Chet Baker.
Se da una parte non c'e' più il profumo e la sorpresa delle straordinarie registrazioni dei primi sei mesi, brani come "Bernie's Tune" o "Lullaby of the leaves" o "Soft Shoe", per contro e' palese una maggior scioltezza, una sorta di avvertibile "sicurezza".
Nelle sedute di quel gennaio, il solito Haig Club di Richard Bock vede anche il passaggio di alcuni ospiti del quartetto, che verranno registrati: Lee Konitz e la cantante Annie Ross. L'altosassofonista, uno dei protagonisti di primo piano del movimento Cool, che si esibisce piu' che altro in ottimi assoli, come in "Lover Man", "I remember April", "All things you are" e nell' eccellente "These foolish things", fornira' anche l'occasione per piacevoli contrappunti. Interessante il "Bernie's Tune" con l'aggiunta di Konitz, mentre, sempre nella stessa seduta, una
composizione di Mulligan, "Sextet" (anche se gli esecutori sono un quintetto), e' forse la vera perla tra tutti i brani.
Quanto ad Annie Ross, cantante inglese che non si esprime certo in linguaggio cool, resta una sorta di corpo estraneo a quelle atmosfere.
Le sedute, con l' apice in aprile, si protrarranno fin quasi all'estate, quando l' arresto di Mulligan per possesso di droga, e la successiva rottura tra lui e Chet metteranno bruscamente la parola fine a una stagione musicale eccezionale, una magia durata un anno, con oltre 60 brani registrati, una nuova pietra miliare nella storia del jazz.


 

 

 

 

 

 



 

 

 

 


 

 




 





 

 

 










 

 


 

 

 



 

 

 




 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 
 
   
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