IN A MIST
Unicita' e mistero di una composizione
di Corrado Barbieri
Per chi ancora non se ne fosse reso conto, l'essenza di Bix Beiderbecke era un animo romantico,che gli permetteva di estrinsecarsi con un lirismo raro nel jazz, e una capacita' naturale di improvvisazione che la scarsità di brani incisi e la letteratura scarna e ripetitiva apparsa per anni non ci ha permesso per molto tempo di rendercene consapevoli.
E' con l'apparizione del documentario di Brigitte Berman "BIX - non ho mai sentito nessuno suonare come lui - (in Italia a cura della Delta editrice) che si inizia, attraverso le tante testimonianze, a percepire la misura di questa capacita' che mai veniva meno, in ogni circostanza, sia alla cornetta che al piano. E sempre la letteratura ci ha riempito di notizie sulle difficoltà, reali, di Bix di leggere la musica, su quelle incontrate con gli arrangiamenti complessi di Paul Whiteman, sul fatto, anche questo appurato, che fosse difficile tradurre in note le sue composizioni poiche' improvvisava sul tema in continuazione, non lo eseguiva mai uguale, fattori questi ultimi che hanno forse pesato sulla sua storia, ma che agli effetti della sua arte hanno valenza zero. Il tutto a prescindere dal brutto e inutile semi-jazz di Whiteman (con cui Bix milito' per la gran parte del suo tempo come jazzista) su cui non si finisce mai di esprimersi in negativo. Bix era ben lungi dall'avere una personalità volitiva e in Whiteman trovava un padre, di cui sentiva la necessita', e uno stipendio fisso. Queste furono le uniche ragioni della sua permanenza in quell' orchestraccia da ballo che piaceva ai bianchi, e Whiteman gli concedeva, bonta' sua... degli scorci di spazio per i suoi assolo, le gemme che ci sono pervenute.
Delle mille sedute notturne con gli amici e con i mille musicisti che lo cercavano per ascoltarlo e magari suonare assieme, abbiamo solo le testimonianze verbali. Abbiamo probabilmente solo un'idea ridotta, parziale, basata sulle registrazioni, delle sue capacita' di improvvisazione, anche se abbiamo la certezza del suo stile inimitabile alla cornetta, del suo sound magico, del suo lirismo. "Bastava che trovasse un piano e si sedeva ad improvvisare" riportano i suoi amici e colleghi di allora. Ed e' così che viene riportata l'esistenza della poco nota composizione "Cloudy" e di una ancora meno nota "Baby Blue Eyes" che ogni tanto accennava, dandole questo titolo, e pare che proprio quella sia diventata, nell'arco di due o tre anni "In a Mist", registrata il 9 settembre del 1927.
Gli chiesero alla OKeh se quel brano che andava suonando sempre diverso avesse un titolo e lui rispose che era "in the fog", nella nebbia, altri dicono avesse detto "in a mist", nella foschia, con riguardo al fatto che non aveva idea sul titolo. E il titolo divenne quello.
Bill Challis, buon arrangiatore di Whiteman e amico di Bix, lo aiuto' mesi più tardi a metterla su carta,e dalla sua testimonianza risulta che ci volle molta pazienza a far si' che la suonasse sempre uguale per trascriverla in note. Lo spartito apparve il 18 novembre 1928 sotto la dicitura - Paul Whiteman Presents a Modern Composition for the Piano "In a Mist" by Bix Beiderbecke - il tipico squalo americano non mollava mai ogni buon boccone... e sotto il titolo riportava - Edited by William H.Challis -.
In ogni caso registrazione e partitura sono differenti, evidentemente Bix aveva continuato ad improvvisare. Sembra inoltre che Bix l'abbia voluta con un tempo più veloce, mentre in effetti gliene avevano consigliato uno piu' lento.
Domenica 7 ottobre 1928 Whiteman si esibì alla Carnegie Hall e Bix suono' "In a Mist" ricevendo uno scroscio di applausi.
Il brano apparve anche in Francia ed Inghilterra, ma col titolo "Bixology", che poi venne adottato anche nelle successive edizioni negli Stati Uniti. "In a Mist" deve essere apparso ai pianisti dell'epoca, e non solo a quelli, come opera di un alieno: la mano sinistra si muoveva sui bassi in modo totalmente differente; l'integrazione delle due mani rispondeva infatti a una regola inventata da Bix. Sappiamo da sempre che amava e ascoltava spesso Ravel, Debussy, Stravinskij, da cui traeva ispirazioni, e l' atmosfera rarefatta di quella musica deriva probabilmente da li'.
Stranamente il brano non mostra un lirismo accentuato ma piuttosto un senso di sospensione e un fascino misterioso. Impossibile incasellare una composizione simile se non come prima pietra del cool jazz, la creazione di un genio unico, di certo in anticipo sui tempi, e aldila' di ogni collocazione, in fondo inutile, come pezzo di arte unico.
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