QUANDO LOUIS SI ARRAMPICO' FINO ALL' INESPRIMIBILE
 
 
Louis Armstrong
 
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QUANDO LOUIS SI ARRAMPICO' FINO ALL' INESPRIMIBILE




di Corrado Barbieri

 


Siamo al picco, a quegli Hot Five/ Seven che segnano la punta massima del jazz classico e uno dei momenti musicali piu' importanti di ogni tempo. La serie di brani incisi da Louis tra il 1925 e il 1927, con gregari d'eccezione, che e' assimilabile a una fitta collana di preziosissime perle, in grado di lasciare attoniti e far raggiungere il pathos ai piu' sensibili. " Keyhole blues ", il blues del buco della serratura.

Sarei pronto a scommettere che molti cultori di jazz se ne saranno dimenticati, perché, quando si prendono in mano questi album, oggi il telecomando porta giocoforza a precipitarsi sulle perle tra le perle, come " Potato", o " Weary" o " Wild man blues", o magari " Willie the weeper ", e d'altra parte la letteratura jazzistica non ne fa cenno, che io ricordi.
Poi accade che ci si soffermi, che il brano arrivi nella sequenza anche inaspettato, che ci si chieda - ma questo?- ...e si vada a leggere perché il titolo non e' cosi' memorizzato e memorizzabile come gli altri.

" Keyhole" parte quasi subito con la cornetta di Louis al solito espressiva quanto autoritaria, quasi parlasse con lo strumento per imporre attenzione, poi dopo due brevi break di Johnny Dodds e di Kid Ory, Louis attacca col canto scat, splendido e lungo come mai si ascolta negli altri brani della serie, come mai ancora aveva fatto. Subentra Dodds con un assolo di clarinetto che va poi ad incastrarsi perfettamente con Louis e con Ory, in un passaggio in cui le voci dei tre strumenti sono nitide e individuabili. E l'assolo finale di Louis ci dispensa un' emozione inusitata : sembra, in un crescendo e con una arrampicata verso l'alto, che voglia dar fondo a tutte le sue idee del momento, al suo sentire trabordante, lasciando un'ultima idea in sospeso perche' inarrivabile, e che lo fa rientrare dopo non essere riuscito a esprimere l'inesprimibile.


 

 
   
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