Lettera a Billie Holiday
 
 
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di Corrado Barbieri

 

 


Lettera a Billie Holiday

 

Cara Billie,

Mentirei se dicessi che ci manchi, per il fatto semplice che non sei mai scomparsa, e più tempo passa, piu' umani ti incontrano e ti conoscono. Il fatto eccezionale e' che una volta che ti hanno avvicinato e conosciuto, non ti lasciano piu', come e' accaduto a me e a milioni di altri. E come potrebbero? Il tuo non e' un canto nel senso comunemente usato, il tuo e' "il canto di una vita", "della" vita, quando questa ha la durezza, la tragicità, la tristezza, la gioia malinconica che e' toccata a te, in un'epoca straordinaria e terribile.
Sai, ho la netta percezione che le brutture, le umiliazioni che hai sofferto e il loro peso abbiano modulato il tuo sentire per portarci ad ascoltare quei gioielli preziosissimi che altro non sono che il tuo animo. E' per questo che non ho difficoltà ad affermare che nella tua vasta produzione discografica non ci sono brani mediocri, sono belli tutti, quando non splendidi, e di essi non ci si può privare a lungo, ecco perche' mai sei scomparsa.


Dopo quel capolavoro tragico che e' "Strange fruits", quel manifesto contro ogni razzismo in ogni tempo e luogo, i produttori ti consigliarono l'interpretazione di altri brani cupi, drammatici, ma io credo che l' irraggiungibile resti nel tuo mix di freschezza e malinconia in pezzi come "Don't explain", "God bless the child", "The very thought of you" e cento altri.
Pur sentendoti sempre presente, qui, mentre mi "aggiro" dentro il jazz e tra i miei dischi, ti confesso pero', e non ti so dare una spiegazione, che mi turba molto il pensare che sei in una tomba anonima, in quel di New York, che non si può trovare in rete o visitare, come accade per quella di Bix o di Louis, o di Bird.


 
   
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