JAZZ A PARMA, UNA STORIA DA RACCONTARE
Di Corrado Barbieri
C’è stata prima New Orleans, poi Chicago, poi New York, poi Kansas City, poi la guerra, e il jazz si sposta di nuovo a New York e nella assolata California. Intanto ha attecchito anche a Parigi, Londra, Roma, Milano. Tutte culle di una musica afro-americana che piano piano diventava più bianca.
L’Emilia e’ stata tra le prime regioni dove ha messo radici, e a Bologna in primis. Chi non ricorda i ruspanti film di Avati sulle prime band che suonavano nelle cantine bolognesi? E quindi ben presto anche in quelle modenesi e reggiane con la storica New Emily Jazz Orchestra.
Ma facciamo un passo di nuovo indietro. Siamo ancora negli anni Trenta, quando per poter circolare, i dischi a 78 giri dovevano riportare il titolo in italiano, dove un St.Louis Blues diventava Le tristezze di San Luigi, cosi’ voleva il regime...
E un ragazzo di Parma, in via Conservatorio, forse avendo ereditato i cromosomi musicali dal nonno Salvatore Auteri, sfortunato compositore lirico, ma storico direttore del Conservatorio cittadino, comincio’ a farsi giungere quei dischi dagli Stati Uniti e dalla Francia, a decine. Poi in guerra, e Alberto Barbieri si trova coinvolto, da tenente di artiglieria, nel terrificante crogiolo balcanico. Una partigiana titina lo salva dai tedeschi, e lui intraprende la lunga strada verso casa.
E’ il 1945, lo attende una primavera di euforia: i partigiani scendono dalle montagne parmensi, tra loro c’è una gioventù avida di vita, la guerra gliel’ha negata per anni. Ci sono universitari che non hanno completato gli studi, appassionati di ogni genere d’arte, futuri intellettuali della città. Ben presto la grande casa di Alberto in quella via Conservatorio attigua all’istituto, si popola di questa umanita’, c’ e’ la calamita del jazz, di quei dischi che in tanti non hanno potuto ascoltare. L’euforia aumenta, passano da quella casa cantanti e musicisti, anche di musica leggera ( Marino Barreto e un giovanissimo Modugno), arrivano i dischi di vinile, i magici album da 25 cm.,che riportano nel retro notizie mai lette su musicisti neri e bianchi. Si forma presto un cenacolo di appassionati, che gravita sempre attorno alla crescente collezione di Alberto. Ci sono Maurizio Alpi, futuro medico, Tommaso Mori, futuro industriale meccanico, e quel Peppino Calzolari che a Parma seguira’, senza mai mancare, ogni evento jazzistico della città per decenni, forte della sua passione per il cinema e per la musica.
Non era pensabile che Alberto potesse studiare e godere a fondo del fenomeno jazz senza scriverne, e cosi’ col passare degli anni si sono accumulate cartelle dattiloscritte di riflessioni, considerazioni, ricerca dell’ essenza di quella musica, del significato della parola Swing. La sua collezione ormai ha dimensioni nazionali ed e’ qui che il giovane nipote Corrado Barbieri viene folgorato in una notte di S.Silvestro dalla musica di New Orleans, che coltiverà al pari dello zio.
Ascoltando e vivendo tanto jazz si approda agli anni Ottanta, quando si verifica, grazie all’apporto del mecenate Giorgio Fornari, che gestisce varie sale cinematografiche della città, quell’ evento che gli appassionati avevano da sempre sognato : un club del jazz, che portasse a Parma in carne ed ossa quegli artisti e quelle orchestre che avevano solo ascoltato nei dischi o incontrato in altre città limitrofe, sempre più attive in questa direzione.
Nasce il Jazz Teatro Club, che vede come motori Fornari, il musicista Giampiero Mirto e Mariano Petrillo. I concerti organizzati sono decine, i più significativi hanno come sponsor il Comune e in Piazza duomo, come miracolo, in una notte magica risuona “ Hey-Ba-Ba-Re-Bop ! “ il grido del vecchio Lionel Hampton che entusiasmo’ la prima generazione di appassionati di jazz parmigiani. Poi giungono Woody Herman, Buddy Rich, Sarah Vaughan, Sonny Rollins, e la musica dei grandi ormai anagraficamente al tramonto si mischia a quella di più’ giovani musicisti di band italiane e straniere. In quattro anni la città ha l’occasione di entrare nel cuore della musica afro- americana.
Poi, i vecchi scompaiono, Alberto fino all’ultimo si dedica a diffondere il “ suo” jazz nella cerchia di amicizie, con duplicazioni e masterizzazioni di classici in audiocassette e il nipote Corrado, editore, decide di coronare ulteriormente il suo sogno jazzistico pubblicando un’opera straordinaria di un autore americano, uno dei più grandi fotografi di jazz esistenti, Duncan Schiedt, che permetterà un buon successo negli Stati Uniti al prestigioso volume “ Twelve lives in jazz “ della Delta Editrice. In questa sua parentesi di produzione jazzistica Corrado pubblica in edizione italiana anche l’eccezionale documentario “ Bix “, della regista canadese Brigitte Berman, una chicca di livello eccelso.
Tutto poi pare calmarsi : Alberto scompare, la sua preziosa collezione e’ ancora la’, silenziosa nella storica stanza che ha visto i soldati della Resistenza approcciare tra i primi i gioielli della musica americana. Negli anni, spesso qualche musicista cittadino ci ricorda che il jazz e’ vivo, anche qui.
Ma c’è una vita parallela, nella Milano capitale del jazz in Italia, un appassionato quasi coetaneo di Alberto, coltivava come lui da sempre questa passione, ha fatto anche lui la guerra, ha sofferto molto anche lui, si chiama Tano Ponzoni, e, mentre in una casa di Parma si festeggiava la Liberazione, lui veniva ingaggiato dalla radio delle Forze Armate Americane a Bologna come speaker. Annuncerà la morte di Hitler. In tarda eta’ le vite di Tano e di Corrado, nipote di Alberto, si incroceranno, e nascerà un’amicizia. 2019 : Tano scompare a 96 anni e lascia a Corrado la sua collezione, una delle maggiori in Italia, di 6000 dischi di jazz.
Nasce su Internet il portale !
Il jazz a Parma continua la sua storia.
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