Billie Holiday
 
 
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Billie Holiday

 

 

di Duncan Schiedt

 

 

 

Ci sono molte parole che possono essere usate per definire Billie Holiday: bella, volubile, complessa, vulnerabile, unica, eccitante, sola, felice, triste, inquieta... Lei era tutto questo, e anche più. Billie era forse la cantante di jazz più ammirata ed imitata dei suoi tempi. Era l'artista i cui più fervidi difensori erano i musicisti con cui lavorava. Tra il pubblico aveva sostenitori entusiasti e non pochi detrattori. Pochi potevano rimanere indifferenti al suono della sua voce.

La sua vita fu fin dall'inizio una serie di alti e bassi, di trionfi seguiti da disastri. Billie si riprendeva sempre dai guai, senza riuscire però mai a riottenere lo stesso successo, finché non le restò più forza per lottare.
Sia i momenti migliori sia quelli peggiori furono ben pubblicizzati dalla stampa. La sua autobiografia, Lady Sings The Blues, pubblicata nel 1956, gettò una vivida luce su una vita tormentata e una carriera continuamente spezzata. Più di ogni altro protagonista del jazz, 'Lady Day' ha messo a nudo la sua anima nelle sue parole e, in modo ancor più commovente, nella sua musica.

Era nata a Baltimora, Maryland, il 7 aprile 1915. I suoi genitori, Clarence Holiday e Sadie Fagan, erano ancora adolescenti, e non si sposarono finché la piccola Eleanora (era questo il nome che le avevano dato) non ebbe tre anni. Clarence fu arruolato nell'esercito e mandato in guerra, in Francia, dove venne ricoverato in ospedale dopo essere stato intossicato da gas velenosi sul campo di battaglia. Il danno ai polmoni distrusse le sue ambizioni di diventare un trombettista, così imparò a suonare la chitarra durante la convalescenza a Parigi. Tornato a casa, avrebbe lasciato ben presto la famiglia per accompagnare in tournée un'orchestra locale, e non avrebbe mai più riassunto il proprio ruolo di padre. In seguito, avrebbe suonato nei McKinney Cotton Pickers e nell'orchestra di Fletcher Henderson.

Sadie, che avrebbe mantenuto il proprio cognome Fagan, era una giovane donna analfabeta abituata ai lavori domestici, all'epoca gli unici che era consentito svolgere a una donna nera. Licenziata dal suo datore di lavoro bianco perché incinta, si occupò della bambina finché Clarence non se ne andò da casa; poi si diresse al nord da sola per trovare un impiego, affidando Eleanora alle cure di cugini, zie, nonni e bisnonna. Da alcuni di quei parenti veniva maltrattata, ma non dall'adorata vecchia bisnonna che le raccontava le favole. Ritornata a Baltimora, Sadie riprese i propri doveri di madre. A quell'epoca, Billie guadagnava qualche soldo pulendo i bagni dei vicini, le cucine e le bianche scale d'ingresso per le quali le case di Baltimora erano famose. In seguito lavorò per la tenutaria e le ragazze di un bordello locale per le quali sbrigava varie commissioni e cambiava la biancheria e le bacinelle d'acqua nelle camere. Billie era felice di questo impiego, specialmente perché le era consentito sedersi nel sontuoso salotto privato ad ascoltare la collezione di dischi sul fonografo, che per lei era un oggetto di lusso. Era attratta in special modo dal canto possente di Bessie Smith e dalla creatività delle frasi musicali e del canto scat di Louis Armstrong. Billie, che adorava cantare, trovò in entrambi una fonte di ispirazione. Un giorno, come racconta nel suo libro, fu attirata in un'altra 'casa' della zona da un vicino, che le usò violenza. Aveva solo dieci anni, ma sembrava già diventare donna. Fuaccusata, in nome di quella che oggi ci sembra una parodia della giustizia, di avere 'sedotto' il violentatore, e inviata in un istituto di correzione gestito da suore cattoliche. L'uomo fu condannato alla prigione.

In seguito, con l'aiuto di un datore di lavoro bianco che le era amico, Sadie poté ottenere il rilascio della figlia.

A quell'epoca, scelse di abbandonare il nome Eleanora e di adottare quello di 'Billie' in onore della stella del cinema muto Billie Dove, per laquale nutriva una profonda ammirazione. Poco dopo il nuovo trasferimento della madre al nord, Billie decise di raggiungerla, ma invece di scendere dal treno nel New Jersey, come doveva, continuò il viaggio fino a New York con la sua borsa di provviste e vestiti, con l'intenzione di dare un'occhiata alla grande città di cui aveva tanto sentito parlare. Fu quasi subito notata da un assistente sociale che, dopo averle fatto qualche domanda, la portò presso un ricovero perché ci restasse finché non fossero state fatte delle indagini sul suo conto. A Billie quel posto sembrava un grande albergo. La madre riuscì a rintracciarla e a riportarla nel New Jersey, dove la fece assumere comedomestica. La tredicenne Billie, che non sopportava quel lavoro, riuscì presto a convincere la madre a trasferirsi ad Harlem. Sadie pensava di potervi trovare lavoro e, comeBillie raccontò in seguito, di sistemare la figlia in un posto decente. Ma sebbene l'alloggio prescelto fosse decisamente accogliente, non era esattamente quello che Sadie aveva in mente: aveva infatti incautamente pagato una delle più conosciute tenutarie di Harlem perché si prendesse cura della sua ragazzina. Billie, già abituata alla routine di un bordello, e molto colpita dai vestiti sontuosi e dai telefoni personali a disposizione delle ragazze, diventò ben presto quel che definì «una squillo da venti dollari». Quel lucroso soggiorno, di cui sua madre era apparentemente all'oscuro, ebbe bruscamente termine pochi mesi dopo, quando un cliente scontento la fece arrestare. Dichiarata colpevole di prostituzione, avrebbe passato quattro avvilenti mesi nella prigione newyorkese di Welfare Island. Al suo rilascio, visse per qualche tempo nel vicino sobborgo di Jamaica, servendo ai tavoli in una casa da gioco. Poi tornò da sua madre. Nel periodo immediatamente seguente il suo rilascio, era successo qualcosa di importante: Billie aveva cominciato a cantare in pubblico, guadagnandosi qualche mancia in posti come l'Elks Club di Jamaica. Non pensando di avere talento come cantante, Billie prese in considerazione una possibile carriera di ballerina. Ma il fato le venne in aiuto. In una giornata particolarmente negativa, con la madre malata e l'incubo dell'affitto da pagare, Billie prese il marciapiede lungo la Centotrentatreesima strada, ed entrò in una serie di squallidi locali notturni chiedendo lavoro. Finalmente, in un posto gestito dal notissimo Jerry Preston, le fu data la possibilità di ballare per il proprietario, e il pianista di casa attaccò una canzone. Billie, che non conosceva che un paio di passi, fu subito fermata con un gesto di impazienza da Preston, il quale le chiese se non avesse qualche altra dote che avrebbe potuto utilizzare. Il pianista, a cui Billie era simpatica, le chiese se sapesse cantare.Lei annuì e attaccò subito un pezzo di moda, Trav'lin All Alone. Alcuni clienti, che se ne stavano svogliatamente seduti, si rianimarono al suono della sua voce. Come Billie ricordò anni dopo, cominciarono a piovere monete sul pavimento e, dopo averle divise col pianista, si portò a casa cinquantasette dollari. Il Log Cabin, teatro del primo successo professionale di Billie, divenne una tappa molto popolare per molti clienti del centro che cercavano nuovi brividi andando a sperimentare la vita notturna dell''esotica' Harlem, come era di moda a quell'epoca. Nel periodo in cui Billie si fermò nel club, vennero ad ascoltarla molte persone destinate ad avere un ruolo importante nel suo futuro. Tra queste c'era il giovane ed entusiasta John Hammond, che diventò uno dei suoi fan più fedeli. Altri furono Mildred Bailey, avviata a diventare una celebrità nazionale come cantante, suo marito, il dotato musicista Red Norvo, e l'emergente bandleader Benny Goodman. Una notte Hammond trascinò nel Log Cabin l'impresario Joe Glaser, che fece prontamente firmare a Billie un contratto di agenzia. Questo portò ad una serie di altre scritture in locali di livello superiore della zona.

Nel corso del tempo, a Billie era stato dato il soprannome di 'Lady' per il suo rifiuto di seguire una pratica comune in molti dei piccoli club dove le donne erano impiegate come cantanti o come ballerine. In questi locali le intrattenitrici si alzavano le gonne ritirando i soldi lasciati sul bordo dei tavolini senza usare le mani. Billie si rifiutò di ripetere questo gesto che la ripugnava e che considerava degradante, guadagnandosi così metà del nome d'arte che avrebbe usato più tardi. Dopo che Lester Young vi aggiunse 'Day', il suo soprannome completo divenne 'Lady Day'.

Nel 1933, Goodman (che la impiegò per qualche tempo) la portò nel centro di New York per farla cantare in una delle sedute di registrazione che organizzava con formazioni d'occasione negli studi della Columbia. Il brano assegnatole, tratto dallo spettacolo Blackbirds rappresentato in quei giorni, era Your Mother's Son-in-Law. Il gruppo che l'accompagnava, i cui componenti erano tra gli altri Goodman, Jack e Charlie Teagarden, il pianista Joe Sullivan e il batterista Gene Krupa, era pieno di fuoco, ma non più della diciottenne Holiday. La sua voce, carica di entusiasmo più che raffinata e sottile, metteva in evidenza tutta la giovinezza e l'immaturità della cantante, ma già lasciava presagire cose migliori. Riffin' The Scotch, la seguente prova vocale registrata nel corso di un'altra seduta tre settimane dopo, sarebbe stata la sua sola ulteriore possibilità di registrare fino al luglio del 1935, quando John Hammond la affiancò a Teddy Wilson, un altro dei suoi artisti preferiti, e ad una formazione impressionante che comprendeva Roy Eldridge, Goodman, Ben Webster, Cozy Cole e John Kirby.

Paragonando i dischi Columbia incisi con Goodman ai primi Brunswick fatti con Teddy Wilson, è sorprendente la maturità vocale sopravvenuta in soli venti mesi. Appena ventenne, Billie è la sicurezza in persona quando offre quattro popolari canzoni. Due di queste sarebbero state per sempre identificate con lei: What A Little Moonlight Can Do e Miss Brown To You.

Con queste serie di dischi, era nato il mito della Holiday a cui il pubblico si abbandonò. Ebbe successivamente modo di godere dell'amicizia e dell'affinità musicale che la legarono al sassofonista Lester Young, la cui vita avrebbe attraversato molti dei tragici momenti stridenti che stavano per segnare l'esistenza di Billie.

Billie aveva fissato il proprio stile e levigato la voce con elementi che pochi altri vocalist osavano utilizzare. Non tutti approvavano. Lo stile della Holiday era come un Roquefort sapientemente invecchiato, un gusto acquisito, ricercato; ma i musicisti e le giovani aspiranti cantanti furono assai veloci ad adottarlo ovunque. C'erano una sensualità languida, un pigro ritardando del fraseggio che quasi arrivava a perdere il tempo; una manipolazione della linea melodica le cui accentuazioni spesso rivelavano sfumature di significato che l'autore del testo non aveva nemmeno immaginato.

I dieci mesi circa durante i quali lavorò come cantante nell'orchestra di Artie Shaw migliorarono la sua situazione finanziaria - la durata media delle scritture tendeva infatti ad allungarsi - ma come tutti i musicisti neri che viaggiavano in compagnia di un'orchestra bianca Billie dovette subire l'indegno trattamento razzista che era tipico del tempo. Talvolta non le era permesso di usare la porta principale dell'albergo in cui si esibiva, tanto meno di prendervi una camera. Nonostante i continui sforzi di Shaw, la scandalosa situazione non sarebbe cambiata. In alcuni posti, venne anche costretta a 'schiarirsi' la pelle con del trucco per calmare i nervosi proprietari che temevano la reazione avversa dei clienti alla vista di una cantante nera in un'orchestra bianca. Ironicamente, le sarebbe successo il contrario a Detroit con Basie,quando le sarebbe stato consigliato di mettersi un trucco nero per dissimulare la sua carnagione piuttosto chiara!

Fin dall'infanzia, Billie era stata combattiva, e la celebrità non avrebbe reso meno intenso l'impulso istintivo di rendere la pariglia. Più avanti nella sua carriera si verificò un episodio che divenne famoso. Arrivata tardi al club, indossò precipitosamente il costume di scena, tralasciando semplicemente di indossare la biancheria intima. Durante il suo spettacolo, per rispondere ad un commento sprezzante fatto da un costumista, interruppe di botto la canzone, indirizzò una scelta di bestemmie al colpevole, poi voltò le spalle al pubblico alzandosi la gonna in segno di sfida e se ne andò dal palcoscenico con passo altero. Da ragazzina, Billie aveva mostrato una certa tendenza a morbide e sensuali rotondità, ma con gli anni avrebbe assunto una magrezza ferina, sempre più accentuata da quando una distruttiva dipendenza dagli stupefacenti iniziò a dominare la sua esistenza. Uno dei suoi segni distintivi era un bianco mazzolino di gardenie che usò per la prima volta su consiglio di Sylvia Syme, una sua ammiratrice a sua volta destinata a diventare cantante di fama. Mentre si preparava per un'esibizione, si era bruciata i capelli in camerino, rovinandosi irrimediabilmente l'acconciatura. Sylvia le venne in soccorso con dei fiori acquistati da una ragazza nel club. Le gardenie risultarono così seducenti tra i suoi capelli neri che Billie continuò ad usarle per anni come parte del suo abito di scena.

La vita di Billie sembrava destinata a restare sotto il controllo degli uomini. I rapporti con il sesso maschile nella prima parte della sua vita erano stati tuttaltro che positivi: un padre che aveva abbandonato moglie e figlia, un violentatore durante l'infanzia, prostituzione e relazioni con aspiranti mezzani. Aveva conosciuto pochi uomini di buon carattere o di buone intenzioni, e non potendo confidarsi che con sua madre, Billie era essenzialmente una giovane donna sola. Billy aveva già sperimentato la marijuana, e all'epoca dell'ingaggio al Café Society ne era una consumatrice abituale; percorreva dei brevi tragitti in taxi tra un set e l'altro per fumare, sfuggendo alla censura del suo datore di lavoro che aveva interdetto le droghe dal proprio club. Lei, in effetti, era un bersaglio ideale per uomini di bell'aspetto che arrivavano armati del loro fascino. Nel 1941 uno di questi individui, Jimmy Monroe, entrò nella sua vita; un 'perdente' sotto ogni punto di vista che però una volta era stato sposato con l'attrice e cantante Nina Mae McKinney e aveva passato un po' di tempo in Europa. A Billie doveva essere sembrato un'ottima 'preda'. Non si sa se qualcuno abbia avviato Billie al consumo di droghe pesanti quando lavorava al Café Society, ma quel che è evidente dalle sue affermazioni è che cominciò a far uso di oppiacei in seguito alla scoperta dell'infedeltà di Monroe, non molto dopo il loro matrimonio. Nel suo libro lei dice di aver cominciato a fumare la droga con lui per salvare il matrimonio, per «avere qualcosa in comune», immagine desolante della sua dipendenza psicologica.

Durante la guerra, Billie divenne un'istituzione nella Cinquantaduesima strada ovest, la 'Strada dello swing', dove il jazz impazzava in un gran numero di mitici club, che in realtà erano poco più che cantine rimesse a nuovo. La lista dei musicisti leggendari con cui cantò va da Coleman Hawkins a Art Tatum, Errol Garner, Nat Cole, Dizzy Gillespie, Red Norvo, Cozy Cole e Johnny Guarnieri. Il traffico di musicisti in visita non ufficiale ai diversi club, dove si fermavano soltanto per 'sedersi un momento', la mise in contatto con la crema del mondo del jazz. Ad un impresario, la signorina Holiday poteva far venire i capelli bianchi. Uno di loro ha raccontato della sua abitudine di lasciare il club per andarsene a casa senza aver terminato il suo primo set serale, con tutta evidenza per 'bucarsi' al sicuro.

Ingenuamente all'oscuro delle sue ragioni, egli aveva cercato di persuaderla ad andare in un bar dall'altra parte della strada per uno dei suoi cocktail preferiti, ma quando lei insistette per dirigersi verso Harlem, lui fu costretto a seguirla e, terrorizzato, a blandirla fino a riportarla al club per il resto dello spettacolo. Anche il New Yorker, nella sua guida alla vita notturna, metteva sull'avviso i lettori in cerca di intrattenimenti che Billie avrebbe anche potuto non esibirsi dov'era annunciata. Nondimeno, la prosperità portata dalla guerra, con la presenza di tanti clienti in uniforme - alcuni dei quali erano suoi fan d'oltreoceano - garantiva cantine stipate quando il nome di Billie compariva a grandi lettere sulla strada.

La sua musica stava subendo una graduale ma avvertibile trasformazione. La vocalità spensierata e swingante della metà degli anni Trenta aveva lasciato il posto ad un repertorio di ballad lente e a brani speciali, alcuni scritti proprio da lei, che spesso riflettevano la sua esperienza di vita.

Strange Fruit, una canzone che parlava di un linciaggio, era una rarità a quei tempi, canzone con un messaggio sociale che, sebbene fosse stata registrata la prima volta per l'etichetta Commodore di Milt Gabler nel 1939, sarebbe sempre rimasta un pezzo molto richiesto anche in seguito.

Man mano che aumentavano i riconoscimenti del pubblico e l'apprezzamento della critica, Billie tendeva a presentarsi in una veste più sofisticata e teatrale. Uscito dalla sua vita Jimmy Monroe, si legò al trombettista Joe Guy, un musicista di stile bebop destinato a diventare il suo successivo disastro romantico.

Per lei, il passaggio fu dall'oppio a qualcosa di ancora peggiore, l'eroina. Billie perse la grande ancora emotiva della sua vita quando, mentre affrontava con Guy uno sfortunato tour con una big band, Sadie venne improvvisamente a mancare a New York. Il dolore ebbe il sopravvento su di lei, com'era successo nel 1937 quando era morto quel padre lungamente assente. Al fallimento dell'avventura orchestrale seguì uno di quei rivolgimenti di carriera che segnarono la sua vita. Un concerto alla Carnegie Hall, il suo primo, nel quale era accompagnata dal marito e da altri quattro musicisti, registrò il tutto esaurito e un trionfo di critica. Dopo un bel numero di serate in diversi club, fu ingaggiata per recitare e cantare da protagonista in un film, la sua prima apparizione sullo schermo dal tempo del poco noto cortometraggio di Duke Ellington intitolato Symphony In Black del 1934, dov'era un'amante ingannata e cantava poche battute di un blues su un opprimente sottofondo funebre.

New Orleans (La città del jazz), il nuovo film, fu girato nel 1946 per essere distribuito nel 1947. La trama era basata sull'esodo dal quartiere a luci rosse di New Orleans a cui furono obbligati dal decreto federale del1917 le prostitute e gli abitanti di Storyville. Tra gli interpreti principali c'erano musicisti veterani come Louis Armstrong, Kid Ory, Bud Scott e Barney Bigard e Billie, il cui ruolo era quello di una cameriera. Una sceneggiatura ridicola, la recitazione disastrosa di alcuni degli attori principali e situazioni melodrammatiche povere rovinarono quello che avrebbe potuto essere un credibile film sulla storia del jazz. I momenti musicali, comprese due canzoni affidate a Billie, erano trattati in modo soddisfacente ma, nel contesto dell'intero film, completamente sprecati. Nel 1947 le fu scoperta addosso della droga. Condannata, fu inviata ad una prigione federale femminile ad Alderson, West Virginia, da cui sarebbe uscita nel febbraio del 1948, temporaneamente libera dalla tossicodipendenza. Nel giro di poche ore, si racconta, c'era ricaduta di nuovo. Raggiunto il punto più basso, la carriera di Billie sembrò essere salvata da un proprietario di club, John Levy, che la riportò sotto i riflettori nel proprio locale di Broadway, il Club Ebony. La sua voce, che in qualche modo aveva resistito a tutti gli assalti fisici, alla fine cominciò a irruvidirsi e a perdere flessibilità. Il suo stile, sempre unico, divenne una caricatura di se stesso, con quelle che una volta erano le sue caratteristiche più tipiche trasformate in echi sgradevoli di una gloria passata. Quelle che una volta erano canzoni ora erano conversazioni lacerate messe in musica. La degenerazione sarebbe durata per degli anni, e lungo la strada sarebbe comunque stata capace di incidere dischi memorabili, soprattutto per Norman Granz, accompagnata da musicisti eccellenti. Ai primi del 1956 ci furono un altro arresto per droga eun altro doloroso tentativo di tirarsi fuori dalla tossicodipendenza. Nel dicembre del 1957 venne realizzato il programma televisivo The Sound of Jazz,che in un'ora poté offrire all'America un raro sguardo sui molti aspetti del jazz. Billie era solo uno degli artisti che presero parte alla trasmissione, che comprendeva musica tradizionale e forme sperimentali, e presentava alcune rare fugaci apparizioni di moderni miti come Thelonious Monk. Il più toccante frammento che possiamo vedere nel film che ci è rimasto arriva quando Lester Young attacca il suo breve, esitante passaggio blues. La telecamera rivela implicita nel viso di Billie la tragedia degli anni passati, e un triste ma tenero sorriso illumina i lineamenti sciupati, mentre lei annuisce nell'apprezzamento e nel ricordo. Per la gente del jazz, in televisione non è mai più stato prodotto niente che possa eguagliare l'intensità di quel solo momento, che sembra riassumere l'essenza dell'intera vita di Billie Holiday. È un bel quadro con cui chiudere la sua storia, che ufficialmente e tristemente sarebbe terminata il 17 luglio 1959 con la sua morte all'età di quarantaquattro anni in un letto d'ospedale a New York, ancora perseguitata dalla legge e dai suoi demoni personali.

   
       
       
 
   
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