Quali brani per rivivere in pieno l'atmosfera di New Orleans negli anni d'oro?
di Corrado Barbieri
Naturalmente cio' che scrivo e' assolutamente soggettivo. Ho sentito il bisogno, fin da quando approcciai il jazz all'eta' di 15 anni, di entrare nell'atmosfera, il cui solo pensiero mi affascinava, della Citta' del Delta, di calarmi con la mente negli ambienti dove vivevano e suonavano piccoli e grandi artisti del jazz, ma soprattutto di percepirne l'atmosfera.
I mezzi a disposizione erano solo due: i libri che esistevano a fine anni 50, e quelli italiani o tradotti in italiano li avevo tutti, e le registrazioni, i primi vinili e anche qualche 78 che ero riuscito a procurarmi.
Ed eccoci al punto, quali registrazioni nell'universo del jazz classico potevano procurarmi la sensazione di vedere con la mente e di sentire quel mondo perduto? A mio avviso, quelle dei primi brani incisi dai Red Hot Peppers di Jelly Roll Morton. Gioielli, registrati a Chicago nel 1926, che per una serie di motivi fanno immergere nel mondo intenso, coinvolgente ed entusiasmante degli anni d'oro del jazz classico. Facevano parte del gruppo musicisti che, seppur gia' in rapida evoluzione rispetto alla musica di soli tre/quattro anni prima, mantenevamo "quel sound", quell'imprinting ricevuto nella Citta' del Delta. E possiamo iniziare dalla cornetta di George Mitchell, con quel suo fraseggio primitivo e allo stesso tempo efficacissimo, per passare alla maestria e allo swing del grande clarinettista Omer Simeon, che, in una scala ideale dei clarinettisti classici, non esiterei a posizionare subito dietro a Bechet e Dodds, Poi, il grande Kid, il trombone piu' naif del jazz classico, che non si puo' fare a meno di amare, specie quando in sottofondo e in alcuni finali ci giungono i suoi glissati, sorta di lamenti,essenziali, unici, a sottolineare che "quello" fu il jazz classico. E che dire di quella sorta di garanzia di base ritmica che era Johnny St.Cyr?
Ma c'e' di piu', e credo che lo si debba non solo alla spontaneita' di quelle sedute, ma alla decisa volonta' di Morton di lasciare un segno storico di quei giorni, di quella gente, appunto di quella atmosfera. Cosa che fece, facendo intervenire le voci di quegli uomini, nei contesti che erano la vita a New Orleans: il fischio del battello con il vociare della folla, quello del treno e le voci di Morton e Mitchell, le consuete formule che riguardavano i riti funebri o ancora i momenti gioiosi dei raduni nelle piazze. Bello anche porre l'attenzione sul linguaggio e sull'accento dei neri e dei creoli in quegli anni, altra testimonianza storica di un mondo e di un ambiente.
Uno dei primi esperimenti di effetti di riverbero ci da' in queste registrazioni la sensazione di spazio aperto, di vita che si dipana nella citta', di profondita' della scena.
Forse sono sensazioni del tutto personali, ma provate a riascoltarvi Sidewalk Blues, Steamboat Stomp, Black Bottom Stomp, The Chant o Smoke House Blues e, chi piu', chi meno, ritrovera' quello spirito e quell'atmosfera, in grado di generare straordinarie emozioni."
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