ARMSTRONG A NEW YORK - Svolta epocale
 
 
Louis Armstrong
 
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ARMSTRONG A NEW YORK
Svolta epocale



di Corrado Barbieri

 

 


Siamo agli inizi del 1929 e dopo le vette assolute raggiunte con gli Hot Five/Seven nelle varie formazioni, Chicago non e' più' abbastanza grande per Louis . La citta' e' la sua seconda casa, Lil rimane li', ma l'appuntamento con la storia e' ineluttabile, probabilmente lo sente. Sente che si impone un cambio di direzione, come e' successo a tanti altri artisti nella storia. Un appuntamento che sarà sia artistico che esistenziale, il momento in cui il suo canto sarà semplicemente l'estensione del suono della sua tromba e viceversa.
E l'interpretazione di una canzone, da allora, non sarà mai più la stessa di prima, in tutto il mondo e per sempre.
Questo e' in realtà cio' che sta per accadere: la prorompente personalità e musicalità di Louis non poteva restare dentro gli angusti confini di un jazz che lui stesso aveva forgiato e cambiato, o meglio creato!
Aveva imposto con se stesso il solista di jazz, ora era pronto per una fase successiva, di comprensione più universale. Era in movimento il motore della sua personalità, della sua trabordante musicalita', nient' altro, che lo spingeva con forza, ad avere platee molto più vaste tramite un linguaggio che il suo binomio canto/tromba stava facendo nascere.
Con buona pace di chi si e' arrovellato su questo per decenni, di chi ha affermato per altrettanto tempo che dopo le sedute di Chicago era gia' iniziata "la fase discendente" dell'artista, di chi considerava la sua musica ormai "diluita", commerciale. Idiozie di menti anguste o con limitata sensibilita'.
Ma eccoci al marzo del 1929, a New York.
Louis si ritrova con vecchi e nuovi amici, spronato da Tommy Rockwell, direttore della OKeh, che ha una sua parte in quanto sta avvenendo. La band con cui apre le sedute di incisione presenta anche la novità di avere nelle sue fila musicisti bianchi e neri, una primizia o quasi: un giovane Jack Teagarden al trombone, Eddie Lang alla chitarra, Happy Caldwell al sax tenore, Kaiser Marshall alla batteria. Sotto il nome Louis Armstrong and His Orchestra registra "Knocking a jug" , un pezzo dove e' possibile ascoltare il suono acerbo del trombone di Teagarden e un Eddie Lang
(Salvatore Massaro) in ottima forma, mentre Louis fraseggia piuttosto pacato.
E' con il secondo brano che avviene il cambio di direzione, con quell' "I can' t give you anything but love" in cui per la prima volta Louis ha l'occasione di cimentarsi con una canzone popolare, che canterà consegnando già la registrazione alla storia. La band vede entrare il trombonista J.C.Higginbotham, una sezione di tre sassofoni tra cui Albert Nicholas all'alto, Luis Russell al piano, Eddie Condon al banjo, Lonnie Johnson alla chitarra, Pops Foster al basso e Paul Barbarin alla batteria.
La denominazione e' Louis Armstrong and His Savoy Ballroom Five.
Da questo brano le formazioni, che subiranno varianti quali la presenza di Jimmy Strong al clarinetto, Fred Robinson al trombone e Zutty Singleton alla batteria, non avranno una grande rilevanza, perché sarà Louis, o meglio il suo animo a fornire emozioni a cascata.
Nel brano successivo, il classico "Mahogany Hall Stomp", Louis suona l'assolo in strepitoso duetto con uno straordinario Lonnie Johnson. Poi, in "Ain't Misbehavin" ll canto di Louis apre deciso, incisivo, per lasciare posto ad un assolo dei suoi più belli. La sua tromba e' nitida, potente, aurea, come nel successivo "Black and Blue", dove il canto di Louis inizia a somministrare al pubblico di quei tempi un assaggio dell' animo blue dei neri. "That Rhythm Man" ci riporta per un momento allo swing potente degli Hot Five/Seven, con la tromba di Louis che si arrampica in un assolo ardito nel registro alto.
Con "Some of these days" inizia a estrinsecarsi completamente la sorprendente estensione tromba/canto compiuta da Louis, che registra il pezzo in due versioni, di cui una solo strumentale. Di certo Rockwell della OKeh non si stava ben rendendo conto del fenomeno...
E arriva "When You' re smiling". Beh, ascoltatelo, ed e' impossibile non commuoversi sia per il canto sia per l'autentico "grido" che esce dalla tromba di Louis, come non riconoscerlo? un grido dal profondo del suo animo che esprime a lettere chiarissime la forza della gioia di vivere!
Ma non e' finita, e Louis ci consegna ben tre versioni di "After you' ve gone", consentendo alle nostre emozioni di volare alto.
E l' idioma di Louis Armstrong, indipendentemente da stili jazzistici, mode e personaggi che sarebbero seguiti, entra nel persempre.


 

 

 
   
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